Seguendo quelle che sono state e che sono tutt’oggi le impronte visibili di d. Tonino Bello abbiamo trascorso cinque giorni intensi accompagnati da m. Filomena e m. Maria e dove l’elemento cardine è stata la CONDIVISIONE.
Conoscevo d. Tonino attraverso i suoi scritti ma andando nella sua terra e incontrando i testimoni che sono stati al suo fianco a partire dalle due francescane alcantarine sr Vincenzina Summo e sr Rosina D’ Alessandro fino a giungere all’ inarrestabile d. Luigi Ciardo (per tutti noi oramai d. Gigi) che ci ha inondato come un fiume in piena facendoci conoscere attraverso le sue parole dirompenti (e non solo) d. Tonino, ho percepito tutta la forte spinta umana, evangelica e profetica che ha portato questo pastore, costruttore della pace, ad essere: “Persona degli sguardi” che fa sentire tutti unici, rendendosi prossimo e dialogando con ciascuno; un vescovo che ha stravolto il suo ministero episcopale cercando di incarnare l’ideale di quella “Chiesa del grembiule” da lui sognata; una chiesa povera per i poveri, che si spinge oltre il dovere dell’elemosina, che cammina con le persone indigenti e ne condivide i problemi e le speranze. “I poveri-afferma don Tonino- sono il luogo teologico dove Dio si manifesta, il roveto ardente e inconsumabile da cui Egli ci parla”. Per svolgere il suo servizio all’interno di questa chiesa si è servito della pedagogia del “potere dei segni” e non dai segni del potere, e così con naturalezza ha aperto le porte dell’episcopio ai profughi albanesi, ha accolto i poveri, tossicodipendenti, ha sostenuto le lotte operaie e rifiutato qualsiasi forma di ricchezza. Il bene quindi per don Tonino si poteva fare, era possibile “organizzare la speranza” e così nascevano: la mensa per i poveri, la casa di accoglienza per donne e non ultima la comunità C.A.S.A per il trattamento delle dipendenze con e senza sostanze che ci ha accolto durante la seconda tappa del nostro pellegrinaggio a Ruvo di Puglia e con cui abbiamo condiviso il “pane” sedendoci alla stessa tavola perché luogo dove “L’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare”.
Come pellegrini, con la nostra terza tappa, ci siamo incamminati verso la comunità di Bose di Ostuni dove abbiamo fatto esperienza della grandezza e del mistero della Parola che ci é stata spezzata da uno dei monaci, lasciando che essa ci penetrasse affinché potessimo liberare il sepolcro dalle pietre tombali delle nostre paure, insicurezza e lasciarci avvolgere dal profumo del Risorto per poter anche noi come i discepoli di Emmaus riprendere il cammino “senza indugio”.
Giunti alle nostre ultime tappe, Alessano e Santa Maria di Leuca, sono emersi in modo prorompente l’attualità dei messaggi di d. Tonino che esortano alla necessità di “FATE LUCE NON SCINTILLE” e l’invito (ascoltato da una registrazione audio in un momento di preghiera e raccoglimento sulla sua tomba) “..Mi auguro possiate AMARE a tal punto che il cuore vi faccia male, non vendetevi e non cedete alle lusinghe di chi vuole manipolarvi, coraggio…le cose cambieranno”.
Queste esortazioni hanno lasciato che fossero i nostri occhi e cuore a parlare, con la consapevolezza di essere chiamati ad avere coraggio per essere credenti credibili, per costruire ponti con i doni ricevuti, per compiere scelte non di comodo ma agire in modo autentico e sovversivo.
E se don Tonino diceva “Ognuno di noi è un angelo con una sola ala. Non possiamo volare se non abbracciati all’ altro” posso dire di essermi sentita abbracciata in questo cammino da ciascuno dei miei compagni di viaggio, giovani e madri canossiane, imparando a stare e sostare nel tra di un attraversamento, nel vedere abbattersi i confini entro cui ero chiusa e che appesantivano il passo. Porterò questo abbraccio sempre con me perché come giovane-adulta “canossiana” possa volare contagiando e facendo risuonare quanto di bello vissuto… Accendendo la vita di quanti si faranno miei prossimi!
Gelsomina
CIO’ CHE CUSTIDIREMO NEL CUORE…Le risonanze dei partecipanti
L’ ascolto di storie, persone, emozioni e sentimenti e la condivisione: sono le cose che restano di questo viaggio. “Convivialità delle differenze”, per dirla come don Tonino. E cosa sarà la vita che verrà se non un grande banchetto per celebrare il trionfo dell’Agnello Gesù?
Emanuele
La vita di don Tonino continua a parlarci. La sua figura ci sussurra di essere noi stessi, di amare senza misura l’altro e soprattutto di essere vivi ardendo di luce.
Eulalia
Don Tonino è un dono. Mi ha rivelato un’altra strada per vivere la vita, non quella fatta di ansia da prestazione o quella per cui se non fai qualcosa di grande allora non sei nessuno. No, lui mi ha parlato di Maria come “donna dei nostri giorni”, mi ha parlato di una santità non frutto di sforzi individuali, da palcoscenico, ma una santità “feriale”, che si raggiunge nella quotidianità, nelle piccole cose, nel “potere dei segni e non nei segni del potere”. La sua vita è una dimostrazione di tutto questo, la sua energia, la sua franchezza, la sua semplicità, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua poesia, il suo eloquio, il suo essere uno del popolo, “profumato di quel popolo che guidava” … Avrei tanto altro da dire, ma chiudo dicendo: grazie! Ciò che sento è gratitudine per Dio, per averci donato don Tonino, gratitudine per suor Maria e suor Filomena, per avercelo fatto scoprire e gratitudine per Emanuele, Gelsomina, Eulalia e Michela, per avermi accompagnato in questo viaggio.
Francesco