Luigia Arlotti nasce a Orzes, una piccola frazione vicino a Belluno, nel 1904. La sua famiglia è di origine nobiliare, ma l’infanzia di Luigia non è comunque facile: ad esempio non conoscerà mai la madre, che muore di parto. A 18 anni la giovane decide di intraprendere la vita religiosa e di ritirarsi in un convento veneziano di Sant’Alvise. Qui prende i voti con il nome di Luisa (che era della madre) ed entra ufficialmente nell’Ordine delle suore canossiane e si specializza in ruoli di assistenza infermieristica. Poi nel 1928 viene trasferita da Venezia a Schio, dove inizia a prestare servizio come insegnante nell’Asilo Rossi, un’eccellenza italiana che ospitava i bambini degli operai e degli impiegati della fabbrica tessile Lanificio Rossi. Nel 1934 viene nominata direttrice dell’asilo.

La vita di Luisa Arlotti, a questo punto Madre Luisa Arlotti, si trova di fronte ad un bivio la mattina del 22 giugno 1944. Alla sua porta bussano due dirigenti del lanificio, chiedendo alla religiosa di nascondere nei locali dell’asilo due partigiani gravemente feriti in un combattimento nelle colline intorno alla città. I due dirigenti si presentano da Madre Luisa Arlotti informandola di un accordo già stipulato tra l’azienda ed il comando della XXX Brigata d’assalto “Garibaldi”, che operava nei dintorni. La religiosa nutre il timore di poter compromettere la sicurezza dei bambini che ancora frequentavano l’asilo, ma alla fine la dedizione al soccorso e all’aiuto per il prossimo prevale su qualsiasi paura. Decide quindi di aiutare i partigiani e di ospitare i due, conosciuti con i nomi di battaglia “Lancia” e “Crinto”, in una stanza nell’asilo della quale solo lei possiede la chiave. Ma decide di farlo tenendo all’oscuro le consorelle.

Già pochi giorni dopo il trasferimento dei partigiani nell’asilo la situazione si complica ulteriormente. La suora viene a sapere che al comando delle forze di occupazione tedesche presenti a Schio è arrivata una lettera anonima che denunciava la suora come complice dei partigiani, e indicava proprio l’asilo come il luogo dove questi ultimi venivano tenuti nascosti. I tedeschi vanno immediatamente ad interrogare Madre Luisa Arlotti, ma grazie ad un notevole sangue freddo la suora riesce a convincere i militari che in quell’edificio non è stato nascosto alcun partigiano. Adesso però è troppo rischioso offrire ospitalità, e quindi i partigiani vengono trasferiti in un posto più sicuro.

Una volta calmatesi le acque, l’asilo torna ad essere un luogo dove chi combatte contro i nazi-fascisti può trovare rifugio: dopo i due partigiani della XXX Brigata d’assalto “Garibaldi” saranno infatti un pilota francese, un disertore austriaco passato con i resistenti italiani ed un altro partigiano, conosciuto con il nome di battaglia “Tarzan”, ad essere ospitati lì. In novembre, però, la situazione torna ad essere molto rischiosa, anche a seguito di alcune rappresaglie compiute in città da parte dei nazi-fascisti. Madre Luisa Arlotti decide quindi di interrompere l’attività di assistenza e di confessare tutto alla Madre Superiora, che la rimprovera duramente per essersi esposta a quel pericolo. Madre Luisa Arlotti viene quindi trasferita nuovamente a Venezia, dove rimarrà per poco tempo.

Alcuni giorni dopo essere arrivata all’Istituto San Giovanni Battista della Giudecca, si presentano a lei un ufficiale tedesco ed uno fascista, che le comunicano un ordine di arresto per aver offerto ospitalità a partigiani e soldati nemici. Viene quindi riportata a Schio, questa volta come prigioniera. I nazi-fascisti sapevano tutto, ed a raccontarglielo era stato il pilota francese che lei aveva ospitato e curato. La religiosa era quindi stata tradita e, anche a causa del suo rifiuto di fornire i nomi dei suoi “complici”, viene condannata a 25 anni di prigionia.

Quando la liberazione dell’Italia finalmente arriva, per Madre Luisa Arlotti inizia un nuovo e doloroso capitolo. Viene trasferita dai suoi superiori da una parte all’altra d’Italia senza sosta, oltre a perdere gli importanti ruoli che ricopriva. Gli unici che continueranno a starle vicino sono i partigiani di Schio, che propongono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di rilasciarle un attestato di partigiana combattente per il suo servizio svolto.

Nel 1975, in occasione dei 30 anni dalla Liberazione, Madre Luisa Arlotti viene insignita con il titolo di Cavaliere della Repubblica per meriti resistenziali. Morirà nel 1988, in una casa di riposo per religiose.

Nel 2017 il Comune di Schio e l’ANPI locale dedicano a Madre Luisa Arlotti il nome della piazzetta antistante all’Asilo Rossi, inaugurando anche una targa. In questa si può leggere: “Madre e sorella canossiana, qui non dimenticata soccorritrice di partigiani feriti durante la guerra di Liberazione. La città di Schio, riconoscente, dedica questa piazza ricordandone il grave rischio personale, consapevolmente assunto per esaltare le virtù cristiane della compassione, della carità e del perdono, verso coloro che operano la giustizia”.

Alla storia di Madre Luisa Arlotti è dedicato anche il libro Madre Luisa Arlotti. Canossiana, infermiera, partigiana, scritto da Ugo De Grandis ed edito da Centrostampaschio nel 2017.

Alessandro Colombini, storico

Madre Luisa Arlotti è stata onorata come “Giusta segnalata dalla società civile” nella cerimonia del 2024.

Fonte articolo: https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/madre-luisa-arlotti-26895.html